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Marinella Paderni

interviste
Marinella Paderni

14 Gennaio 2025

Curatori

Si investe poco per attirare in Italia il sistema dell’arte straniero

Storica dell’arte, docente di Storia dell'arte contemporanea all'Accademia di Belle Arti di Bologna e curatrice

Quali sono, nella sua esperienza, gli artisti italiani contemporanei (in vita) che hanno raggiunto maggiore visibilità all’estero e grazie a quali fattori (per es. gallerie, biennali, mostre, curatori, ecc.)?
Delle generazioni nate tra gli anni Sessanta e gli inizi anni Ottanta, sicuramente tra i più conosciuti e visibili all’estero ci sono Yuri Ancarani, Rosa Barba, Vanessa Beecroft, Rossella Biscotti, Monica Bonvicini, Giorgio Andreotta Calò, Maurizio Cattelan, Roberto Cuoghi, Chiara Fumai, Francesco Jodice, Armin Linke, Eva Marisaldi, Alessandro Pessoli, Paola Pivi, Marinella Senatore, Francesco Vezzoli. Per la maggior parte di loro la partecipazione alle manifestazioni artistiche più prestigiose come la Biennale di Venezia, Documenta, Manifesta e altre importanti biennali extra europee (San Paolo del Brasile, Gwangju, Lione, per citarne alcune) ha rappresentato una visibilità mondiale senza uguali sia tra gli addetti ai lavori, i collezionisti che in un pubblico più vasto e generale, comunque interessato a scoprire le espressioni della cultura contemporanea. Una consacrazione pubblica importante che deve essere poi seguita da un lavoro sul lungo periodo concertato insieme alle gallerie e ai curatori/direttori di musei. In particolare, la presenza dei loro lavori alle fiere nazionali e internazionali grazie alle gallerie li ha avvicinati ad un collezionismo più ampio garantendo una continuità nel tempo. Il fenomeno crescente delle fiere d’arte negli ultimi due decenni ha modificato il sistema dell’arte e l’approccio dei collezionisti alle opere degli artisti.
In questo scenario è stato comunque fondamentale il ruolo iniziale e iniziatico delle esposizioni (anche negli spazi indipendenti) per far conoscere gli artisti, consentendogli di mostrare la loro ricerca nel tempo e non in modo occasionale. In questa prospettiva il lavoro dei curatori, e della critica d’arte attraverso la scrittura su giornali e cataloghi, contribuiscono in maniera significativa alla loro visibilità e notorietà. Un’altra realtà che contribuisce alla visibilità degli artisti agli esordi della loro carriera sono anche i premi per giovani artisti, fenomeno che è cresciuto nell’ultimo decennio grazie anche al contributo mediatico dei social.
Altri artisti importanti che hanno una significativa visibilità all’estero sono Olivo Barbieri, Massimo Bartolini, Botto e Bruno, Chiara Camoni, Alberto Garutti, Paolo Icaro, Mimmo Jodice, Masbedo, Luca Vitone… e certamente me ne sto dimenticando altri. L’Italia ha degli artisti molto bravi che, giustamente come avete evidenziato, soffrono della mancanza di un ausilio istituzionale, anche se l’ideazione del premio Italian Council da parte del MiC ha dato una sferzata importante all’impegno nelle politiche artistiche statali con l’effetto di presentare i progetti dei nostri artisti nelle istituzioni estere e di creare delle nuove sinergie sostenendo anche la ricerca artistica.
Tornando alle presenze degli artisti italiani nelle manifestazioni internazionali di alto lignaggio, ci sono stati anche altri bravissimi artisti che in passato hanno partecipato alla Biennale di Venezia (e non solo) e che meriterebbero maggiore notorietà all’estero. Il calo di visibilità del loro lavoro nel tempo può essere imputato a diversi fattori, tra i quali non essere rappresentati da una galleria solida e dinamica, aver scelto di muoversi poco fuori dall’Italia o altre ragioni di carattere più personale. Inoltre, ho purtroppo constatato negli anni che diverse artiste consacrate dalla Biennale veneziana hanno subìto un rallentamento delle loro carriere dopo la maternità avvenuta a breve distanza. Nell’elenco sopra non ho indicato gli artisti ancora viventi dell’Arte Povera e della Transavanguardia, molto noti a livello internazionale e nomi di riferimento della nostra storia dell’arte del XX secolo. 

 

Quali sono, nella sua opinione, gli artisti italiani contemporanei che non hanno ancora raggiunto adeguata visibilità per il loro valore artistico e quali sono le cause di questa mancata valorizzazione?
Purtroppo ce ne sono molti, basti pensare alla ricerca dei nostri artisti concettuali come Giuseppe Chiari, Gino De Dominicis, Ugo La Pietra, Luca Maria Patella, Franco Vaccari o gli artisti della Poesia visiva (come Emilio Isgrò e altri) che hanno dato un contributo fondamentale negli anni Sessanta-Settanta alle ricerche internazionali sul rapporto tra parola e linguaggio visivo. L’Italia non ha costruito nei decenni precedenti una rete istituzionale forte e continuativa con programmi di promozione e rappresentazione delle nostre migliori espressioni contemporanee. Gli stessi Istituti Italiani di Cultura soffrono della poco organicità nelle attività e nelle azioni di valorizzazione comuni: ogni Istituto sembra operare singolarmente con programmazioni non concertate con gli altri Istituti mentre altri paesi europei hanno elaborato da tempo programmi con azioni comuni e coerenti di valorizzazione all’estero dei loro artisti (basti pensare al Goethe Institut, al British Council, all’Accademia di Francia, all’Istituto Polacco, all’American Academy, ecc.). Avendo collaborato con l’Istituto Polacco di Roma per diversi progetti, ho toccato con mano il loro operato che segue una regia generale concertata dal Ministero della Cultura e che vale anche per gli altri enti - ad esempio, i viaggi studio e di approfondimento rivolti a curatori, critici d’arte, direttori di musei per far conoscere dal vivo l’arte contemporanea polacca e creare delle collaborazioni; o i finanziamenti parziali a progetti espositivi di alto profilo all’estero.


Quali sono, nella sua esperienza, le tappe e gli elementi che favoriscono la carriera internazionale di un artista italiano contemporaneo? Dove il sistema italiano è carente per sostenere l’arte contemporanea italiana sulla scena artistica internazionale?
Parlando di sistema italiano, in parte ho già risposto con gli esempi stranieri riportati sopra che invece mancano nel nostro paese. Soprattutto l'attivazione da parte delle nostre istituzioni di residenze e viaggi studio per curatori/critici d’arte/direttori di musei stranieri, invitati in Italia a visitare musei, studi d’artista, fondazioni, gallerie d’arte e a conoscere più da vicino l'arte italiana, potrebbero essere efficaci nel divulgare la conoscenza dei nostri artisti con gli operatori stranieri che poi organizzano gli eventi espositivi all’estero. È raro sentire di azioni simili fatte nel nostro paese per dare maggiore visibilità ai nostri artisti. Gli incontri con personalità del settore che vivono e operano fuori dal nostro Paese favoriscono notevolmente la loro carriera fuori dai confini nazionali. Quando parlo degli artisti contemporanei italiani viventi ai curatori stranieri, molti di loro ammettono una scarsa conoscenza, spesso dovuta alla poca presenza dei nostri artisti nelle mostre e nelle manifestazioni all’estero: capita infatti (e non è l’unico esempio) che un’artista del calibro di Maria Lai fosse quasi sconosciuta all’estero prima che la Biennale di Venezia del 2017 e Documenta dello stesso anno la consacrassero pubblicamente. Questo credo che sia il punto più debole, investire poco per attirare il sistema dell’arte straniero qui da noi, invece che rivolgere lo sguardo all’esterno aspettando che sia il singolo artista o la singola galleria a rompere il silenzio. 
Una novità importante che avrà effetti significativi sulla ricerca e sul lavoro dei nostri artisti è l’attivazione recente (a partire dall’anno accademico 2024-20259) dei dottorati di ricerca per il Comparto AFAM da parte del Ministero dell’Università e della Ricerca con i fondi PNRR. Finalmente potranno fare dottorati “practiced-based” specifici per le Accademie di Belle Arti e gli ISIA che, a differenza dei dottorati universitari più teorici, potranno combinare in questo caso la ricerca laboratoriale sui linguaggi visivi e sui materiali allo studio teorico. Un traguardo a lungo agognato, che consentirà ai nostri artisti-dottorandi di poter fare ricerca e formazione allo stesso livello dei loro colleghi europei.

 

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