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Luca Cerizza
interviste
01 Marzo 2022
Curatori
Per gli artisti italiani riconoscimenti prima dall'estero che in patria
Critico, curatore e docente a NABA, Nuova Accademia delle Belle Arti, Milano
Quali sono, nella sua esperienza, gli artisti italiani contemporanei (in vita) che hanno raggiunto maggiore visibilità all’estero e grazie a quali fattori (per es. gallerie, biennali, mostre, curatori, ecc.)?
Premessa: escluderei dal mio commento le posizioni storicizzate relative a movimenti come Arte Povera e Transavanguardia, di cui sono state già diffusamente analizzate le ragioni del successo estero, e restringerei l’analisi agli ultimi 30 anni circa. Sorvolo anche sulle rivalutazioni recenti di artisti/e italiani/e in tarda età o già deceduti e che rientrano nel più generale sistema di riconsiderazione critica e di mercato di artisti che erano rimasti, precedentemente, ai margini delle narrazioni di maggior successo.
Per quanto riguarda la generazione post-Transavanguardia, emersa nei primi anni ‘90, è indubbio che gli artisti che hanno avuto, finora, più visibilità siano coloro che hanno avuto la capacità di partecipare a uno scenario artistico e sociale globalizzato, anche trasferendosi all’estero in forme più o meno definitive. Mi riferisco ovviamente a Maurizio Cattelan e, in parte, a Vanessa Beecroft, anche se l’impatto del sistema americano è stato assorbito in modi alquanto diversi dai due artisti. Altri artisti, come Monica Bonvicini, e, più tardi, Enrico David sono esempi per i quali l’esperienza all’estero è stata ancora più radicata e profonda, anche a livello dell’elaborazione del loro linguaggio artistico. In questi casi i riconoscimenti sono avvenuti prima all’estero che in patria. Anni più tardi anche artisti come Giorgio Andreotta Calò e Rossella Biscotti hanno beneficiato di esperienze di post-graduate all’estero.
Purtroppo rimangono pochi gli artisti che hanno raggiunto una certa visibilità internazionale rimanendo a vivere permanentemente in Italia. Artisti come Paola Pivi, Lara Favaretto, Francesco Vezzoli e, per un periodo più ristretto, Patrick Tuttofuoco sono riusciti a legarsi ad un contesto internazionale, anche a partire da un rapido sostegno nei loro confronti da parte delle più riconosciute istituzioni museali italiane all’estero.
L’esempio più sintomatico di una “strategia” di vita e di lavoro molto diversa dai primi esempi citati è, sicuramente, quella di Roberto Cuoghi (e in misura minore di Pietro Roccasalva), che ha scelto proprio la forma opposta di distanza, quella dell'isolamento, per creare un'aura di mistero, se non di leggenda, rispetto al suo “personaggio”. Pur con percorsi più tradizionali di vita in Italia, hanno raggiunto una certa visibilità internazionale almeno Massimo Bartolini, Adrian Paci, Marinella Senatore e Luca Vitone, mentre l’ultima generazione si muoveva, pre-Covid, in una generale fluidità di confini digitali e reali, le cui possibilità di navigazione è ancora presto per poter valutare.
Quali sono, nella sua opinione, gli artisti italiani contemporanei che non hanno ancora raggiunto adeguata visibilità per il loro valore artistico e quali sono le cause di questa mancata valorizzazione?
La lista sarebbe molto lunga, ma almeno Stefano Arienti, Giuseppe Gabellone, Massimo Grimaldi, Marcello Maloberti, Eva Marisaldi, Alessandro Pessoli, Diego Perrone e Luca Trevisani sono alcuni degli artisti che hanno, ormai, una produzione di qualità e una storia sufficiente per aver potuto ricevere una maggiore visibilità in un contesto internazionale, soprattutto attraverso mostre istituzionali.
Quali sono, nella sua esperienza, le tappe e gli elementi che favoriscono la carriera internazionale di un artista italiano contemporaneo? E dove il sistema italiano è carente per sostenere l’arte contemporanea italiana sulla scena artistica internazionale?
Ho provato a dare una risposta a queste e simili domande in un testo, dal titolo These are all protest songs… oder nicht?, pubblicato nel numero di Novembre 2017 di Flash Art, che prosegue, a sua volta, la riflessione che attraversava il mio libro sull’arte italiana “L’uccello e la piuma” (2009). Perdonatemi se non ho la forza di trovare nuove risposte ora. Anche se quelle proposte in quei testi sono risposte parziali e riferite a un “sottotema” rispetto alle vostre domande e non esauriscono certo la questione, mi sembra siano tornate di stretta attualità nel contesto degli sviluppi politici, sociali e artistici dell’ultimo biennio circa.
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