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Sarah Cosulich
interviste
17 Gennaio 2025
Direttori musei
Pochi gli artisti italiani riconosciuti all'estero: serve regia pubblica
Direttrice Pinacoteca Agnelli, Torino
Quali sono, nella sua esperienza, gli artisti italiani contemporanei (in vita) che hanno raggiunto maggiore visibilità all’estero e grazie a quali fattori (per es. gallerie, biennali, mostre, curatori, ecc.)?
Sono pochi gli artisti italiani in vita che godono di grande riconoscimento internazionale. Il numero colpisce, soprattutto, se lo si paragona ad altri paesi europei. Perché, da questo confronto vanno esclusi gli Stati Uniti o il Regno Unito - più radicati nella cultura del presente, con investimenti e reti che offrono maggiori opportunità, oltre ad un collezionismo più potente – Francia e Germania dovrebbero invece rappresentare paesi simili. Invece si nota sempre una diseguaglianza con l’Italia per quanto riguarda la visibilità degli artisti, il numero di partecipanti alle grandi biennali e alle mostre monografiche nei musei internazionali, ma anche rispetto ai risultati delle aste. Oggi, al contrario di qualche anno fa, si aggiunge anche una grande sensibilità internazionale per le nuove geografie – gli artisti dall’Asia, all’America Latina, all’Africa - che ricevono l’attenzione mancata in passato, e questo ovviamente allarga ancora la competizione.
Credo che artisti italiani più riconosciuti lo siano meritatamente prima di tutto per le loro capacità. Certamente la fiducia di curatori e addetti ai lavori che li hanno promossi e presentati negli anni ha avuto un ruolo chiave nel permetter loro di esprimersi al meglio. Le opportunità nascono per gli artisti grazie alla circolazione del proprio lavoro e delle proprie idee: il confronto costante con il pubblico sta alla base di tutto.
Quali sono, nella sua opinione, gli artisti italiani contemporanei che non hanno ancora raggiunto adeguata visibilità per il loro valore artistico e quali sono le cause di questa mancata valorizzazione?
Secondo me esistono tre gruppi di artisti in Italia a livello generazionale e si trovano ad affrontare sfide diverse: prima di tutto i giovani che, nonostante fatichino sempre a trovare occasioni di visibilità, possono contare su qualche bando, residenza, sull’interesse di gallerie emergenti o su spazi alternativi e sperimentali, con il limite che difficilmente arrivano ad un pubblico internazionale.
Poi ci sono gli artisti mid-career, che magari hanno avuto molto successo negli anni 2000 e ora invece si trovano in una fascia svantaggiata, esclusi da bandi, meno favoriti dai musei e con difficoltà a rientrare nei programmi delle gallerie straniere, nonostante abbiano spesso ancora tanto da dire. Anche se recentemente alcune istituzioni italiane hanno dimostrato più interesse nei confronti di questi artisti e stanno presentando mostre a loro dedicate.
Molto più intenso è invece nel nostro paese il lavoro specifico portato avanti negli ultimi anni sui pionieri – in particolare le donne – con un gran investimento nella ricerca da parte dei curatori e un progressivo focus nei programmi di musei e gallerie rivolto alla loro riscoperta e rivalutazione.
Quali sono, nella sua esperienza, le tappe e gli elementi che favoriscono la carriera internazionale di un artista italiano contemporaneo? E dove il sistema italiano è carente per sostenere l’arte contemporanea italiana sulla scena artistica internazionale?
Io credo che ci siano diversi fattori che concorrono a questo limite a partire, se vogliamo andare alle radici di questo discorso, da un sistema che nel nostro paese non favorisce a diffondere la cultura del presente né a investire su di essa. Questo limita lo sviluppo costante e attivo di nuovi spettatori e appassionati e confina la contemporaneità dentro una nicchia di pubblico, fatto solo da coloro che hanno già gli strumenti per affrontare certi temi e linguaggi. Al di là dei visitatori, che sappiamo essere fondamentali per la crescita dell’arte, è anche il sistema italiano ad essere poco dinamico. Le accademie pubbliche, pur nei loro picchi di eccellenza, non favoriscono gli scambi internazionali perché raramente permettono il coinvolgimento di docenti, artisti e curatori dall’estero che possano promuovere uno scambio di conoscenza. Mancano, a livello ministeriale, programmi di residenze che possano connettere gli artisti con i curatori e i musei stranieri, invece di dar loro solo spazi per produrre. Alcune virtuose realtà private si sono attivate in questo senso, creando progetti di collaborazione internazionale e residenze per curatori e ricercatori che si possano muovere sul territorio italiano. Tra l’altro ci sono molti collezionisti italiani che credono e si impegnano per sostenere l'arte italiana ma ovviamente non bastano. Ma l'investimento sugli artisti italiani, giovani e non, dovrebbe essere fatto con strategie mirate non solo al loro sostegno ma anche a quello di curatori e gallerie che li possano promuovere.
Le gallerie private in Italia, che hanno il ruolo fondamentale di supportare gli artisti attraverso il mercato, a causa di leggi fiscali penalizzanti, si trovano a dover favorire la presentazione nelle fiere dei loro artisti più solidi e “commerciali”, minando quell’ideale equilibrio di visibilità tra artisti emergenti e consolidati. Se le gallerie avessero la possibilità di "rischiare" con proposte innovative, potrebbero fare molto di più per l'arte italiana, sia a livello di mercato che a livello di ricerca (essendo le fiere anche luoghi in cui i curatori di tutto il mondo vengono per scoprire) ma andrebbero appunto sostenute con nuove politiche fiscali.
I curatori giovani in Italia hanno poche opportunità e di conseguenza il loro ruolo di scouting non è valorizzato. Da noi manca il riconoscimento di una gerarchia istituzionale che comprenda tutti i ruoli specifici di persone e istituzioni, dalla scoperta, alla ricerca, alla sperimentazione, alla produzione, alla mediazione, alla comunicazione. Basti pensare al sistema istituzionale tedesco: esistono Kunstverein, Kunsthalle, Kunstzentrum, Kunsthaus, Kunstmuseum, tutti con missioni e finalità diverse ma coordinate. Per fare un altro esempio, esistono, in paesi come la Francia, l'Olanda, la Scandinavia, la Germania e l'Inghilterra, realtà pubbliche impegnate solo nella promozione dei propri artisti sul suolo internazionale. (Tra l’altro noi curatori italiani ne beneficiamo quando abbiamo bisogno di risorse economiche per le nostre mostre con artisti di quei paesi). Ma a chi si rivolge un curatore di un museo o di uno spazio per l'arte all'estero se vuole presentare un artista italiano?
Nel mio triennio di direzione della Quadriennale di Roma, istituzione dedicata alla promozione e al sostegno dell'arte italiana, mi sono impegnata con grande intensità proprio su questo fronte: quello di creare un fondo per musei e spazi stranieri che espongono artisti italiani, che abbiamo chiamato “Q-International” e con cui abbiamo finanziato numerosi spazi museali e non. Per la formazione e lo scambio tra i giovani, abbiamo avviato un progetto di workshop, che ho curato insieme a Stefano Collicelli Cagol, portato avanti in tutta Italia, al quale abbiamo invitato a partecipare alcuni tra i più attivi curatori internazionali (ora direttori di prestigiosi musei). La mostra “Quadriennale FUORI” ha assorbito molto da queste opportunità di incontro, di mappatura e di ricerca e ci ha resi consapevoli sia del potenziale dei giovani nel nostro paese, che della necessità di rileggere l'arte italiana in modo nuovo, per riportare all'attenzione del pubblico figure fondamentali tra i pionieri e i mid-career.
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