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Eike Schmidt
interviste
01 Marzo 2022
Curatori
L’Italian Council è una goccia nel deserto
Direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte a Napoli, Professore all’Università Humboldt di Berlino
Quali sono, nella sua esperienza, gli artisti italiani contemporanei (in vita) che hanno raggiunto maggiore visibilità all’estero e grazie a quali fattori (per es. gallerie, biennali, mostre, curatori, ecc.)?
Vent’anni fa avremmo potuto menzionare 20 o 30 artisti, adesso l’attenzione è rivolta ad artisti che registrano prezzi notevoli sul mercato dell’arte come Giuseppe Penone e Anselmo, ma entrambi hanno una certa età e poi tra i più giovani Maurizio Cattelan, altrimenti c’è un grande gap generazionale che speriamo sia colmato nel più breve tempo possibile. Sicuramente gli artisti degli anni ’60 e ’70 hanno una visibilità più ampia lo dimostra il successo dell’Italian Sales, ma sono ormai dei classici e non è più considerata arte contemporanea.
Le due generazioni precedenti erano più presenti all’estero, ma a un certo punto qualcosa è cambiato, in un certo senso abbiamo perso il treno. Oggi ci sono tanti artisti giovani che lavorano all’estero occorre considerare questo aspetto e probabilmente questi artisti svilupperanno la loro carriera all’estero non solo in Europa. Tutto ciò sarà possibile saperlo solo in futuro nei prossimi anni, ma penso che le possibilità che questo avvenga siano abbastanza elevate. In circolazione ci sono molti artisti molto interessanti, ma in questo momento stiamo vivendo una specie di pausa.
Quali sono, nella sua opinione, gli artisti italiani contemporanei che non hanno ancora raggiunto adeguata visibilità per il loro valore artistico e quali sono le cause di questa mancata valorizzazione?
Se consideriamo le cause, la poca visibilità è sicuramente un problema anche istituzionale, per esempio i musicisti sono aiutati da varie fondazioni che si occupano dei giovani di grande talento, dopo il conservatorio ancor prima di avviare una carriera individuale o in un’orchestra. In altri paesi c’è una maggior attenzione per le arti visive, mentre per i giovani italiani che hanno fatto l’accademia c’è pochissimo e per i mid-career ancora di meno. L’alternativa è andare all’estero e i bravi finalmente lo fanno perché l’unica possibilità. Poi ci sono luoghi che sono particolarmente interessanti all’estero, gli Usa continuano ad esserlo, nonostante tutto anche Berlino e Londra continuano ad essere destinazioni importanti.
Quali sono, nella sua esperienza, le tappe e gli elementi che favoriscono la carriera internazionale di un artista italiano contemporaneo? E dove il sistema italiano è carente per sostenere l’arte contemporanea italiana sulla scena artistica internazionale?
Gli artisti non avranno una maggior visibilità attraverso la promozione mediatica da parte della critica, ma solo attraverso i progetti e, in qualità di direttore di museo, noi dobbiamo cercare di ospitare i progetti di artisti più giovani. In effetti, abbiamo fatto qualcosa anche agli Uffizi, ma c’è molto da fare. Nel 2018 alle Gallerie degli Uffizi abbiamo ideato il progetto Gran Turismo con l’artista Giacomo Zaganelli che vive tra Firenze e Berlino. Ma non è solo questo che dobbiamo fare. Non potendo dare il supporto economico che occorre, ci vorrebbero delle borse di studio della durata di due o tre anni, che esistono nelle altre nazioni europee e questo sicuramente aiuta. Il Ministero italiano ha istituito l’Italian Council, ma è l’unica cosa ed è una goccia nel deserto.
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