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Davide Giannella
interviste
14 Gennaio 2025
Curatori
Le istituzioni italiane puntano su artisti sicuri a scapito della sperimentazione
Curatore indipendente
Quali sono, nella sua esperienza, gli artisti italiani contemporanei (in vita) che hanno raggiunto maggiore visibilità all’estero e grazie a quali fattori (per es. gallerie, biennali, mostre, curatori, ecc.)?
In maniera più evidente, Maurizio Cattelan e Francesco Vezzoli. Entrambi per la capacità di muoversi all'estero sin da subito. Il primo, poi, appartenente ad una generazione precedente rispetto al secondo, ha usufruito fortemente di un sistema dei primi anni 2000 che aveva ancora una forte matrice italiana, con curatori come Bonami e Celant ancora alla direzione di importanti istituzioni estere. Il secondo per la capacità di intercettare e coinvolgere nei progetti anche soggetti al di fuori della ristretta cerchia dell'arte. Entrambi, poi, hanno vissuto a lungo all'estero, in modo da stringere relazioni dirette con il sistema internazionale (in particolare statunitense). In entrambi i casi, poi, il loro peso sul piano internazionale è dettato anche dalla loro capacità di interagire con realtà più trasversali, producendo lavori stratificati e, quindi, coglibili da un pubblico ampio. Inoltre, sia Cattelan che Vezzoli hanno spiccate doti mediatiche, capaci di spiegare in maniera chiara e semplice il proprio lavoro, conoscono molto bene strumenti e tecniche della comunicazione di massa. In generale, direi che l'insieme di tutti i fattori citati ne ha decretato la visibilità anche sul piano internazionale.
In maniera meno evidente, invece, almeno sul piano mediatico o più trasversale, uno degli artisti italiani di maggiore riscontro internazionale è Yuri Ancarani, considerando sia le mostre collettive che personali all'estero, assieme al prestigio delle venues e i numerosi film festival a cui ha partecipato. Nel suo caso, sicuramente, ha giocato un ruolo importante la capacità di muoversi in differenti contesti - quello dell'arte contemporanea e quello del cinema - andando spesso a colmare la necessità dei vari sistemi di lavorare con progetti non del tutto definibili. Altrettanto vale con la capacità di intercettare in questo modo anche pubblici diversificati. Sicuramente mostre e festival dipendono, poi, dalle scelte di curatori di prestigio. Tuttavia, sul piano del mercato, le immagini in movimento hanno tuttora maggiori difficoltà di vendita da parte delle gallerie e di collezionabilità per gli utenti finali, decretando la differenza sostanziale con artisti come Cattelan o Vezzoli. Simile, per notorietà e visibilità all'estero, anche la figura di Nico Vascellari. Interessante il suo caso perché tale riconoscibilità esiste nonostante siano diversi anni che Vascellari non ha una galleria commerciale a rappresentarlo. Significativo il suo modus operandi del tutto indipendente e, a sua volta, una grande conoscenza e capacità gestionale dei media oltre alla produzione di lavori stratificati oltre alla capacità di misurarsi in vari contesti espressivi e di utilizzare differenti linguaggi espressivi (arti visive, immagini in movimento, performance, musica, moda). In ultimo, considererei il lavoro di Piero Golia, riconosciuto soprattutto all'estero più che in Italia, probabilmente perché rappresentato da una galleria internazionale (Gagosian) e perché da anni residente negli Stati Uniti. In tutti i casi citati c'è almeno la partecipazione ad una Biennale di Venezia al Padiglione centrale , più altre biennali, e almeno una mostra personale in istituzioni estere di riconosciuto prestigio e peso mediatico anche al di fuori dei canali dell'arte. In sicura ascesa, per capacità di rinnovamento della pittura, per efficacia commerciale e per risiedere a Londra, Patrizio Di Massimo.
Dovendo poi pensare ad artisti di generazioni precedenti considererei Gianni Pettena, Francesco Clemente, Michelangelo Pistoletto. In tutti i casi il fattore trainante, oltre alla loro propensione a frequentare e a vivere - Clemente tuttora - anche all'estero, è individuabile nel fatto di aver preso parte a correnti artistiche definite e cruciali per l'evoluzione del mondo dell'arte e del mercato.
Quali sono, nella sua opinione, gli artisti italiani contemporanei che non hanno ancora raggiunto adeguata visibilità per il loro valore artistico e quali sono le cause di questa mancata valorizzazione?
Sono diversi, come variegati sono i loro percorsi professionali e personali. Tra questi citerei Anna Franceschini, Alterazioni Video e Andrea Sala. Anna Franceschini credo sia prossima, o almeno dovrebbe esserlo, alla partecipazione ad una Biennale di Venezia al Padiglione centrale. Per la sempre maggiore capacità di misurarsi con i differenti linguaggi del contemporaneo (dal video alle installazioni, dalla fotografia alla pura ricerca teorica e alla performance) e per l'efficacia espressiva, nonché il chiaro potenziale commerciale di diverse opere. Nel suo caso è probabile un tardo interesse - ora arrivato - da gallerie capaci di intercettare anche mercati esteri, come il fatto di aver sviluppato, sino a pochi anni fa, tematiche soprattutto interne al mondo dell'arte e poco spendibili anche in altri contesti. Alterazioni Video, nonostante una Biennale Arte di Venezia con Robert Storr e una di Biennale di Architettura, personali e collettive in istituzioni di prestigio nel mondo assieme ad altre Biennali e nonostante i buoni riscontri mediatici dei loro progetti, scontano probabilmente il fatto di non essere rappresentati da una galleria, di sviluppare progetti spesso poco traducibili sul piano commerciale, di avere un carattere multidisciplinare e una proposta poco rassicurante in termini di contenuto, di essere un collettivo distribuito in più paesi e quindi difficilmente gestibile o individuabile, di non coltivare con particolare
attenzione - o addirittura di ridicolizzare - le relazioni all'interno del sistema.
Andrea Sala, tra gli artisti italiani di maggiore preparazione teorica e consapevolezza, nonostante diversi anni passati in Canada (forse in una fase ancora non del tutto definita del suo lavoro) meriterebbe senza dubbio maggiore visibilità. Ora è ben sostenuto dalla galleria, ma ha sicuramente ancora grandi margini in termini di visibilità, soprattutto, all'estero. Probabile sconti la distanza da temi politici o più largamente spendibili in favore di una ricerca e una produzione molto personale e raffinata, ricca di riferimenti al mondo dell'architettura e del design, tematiche probabilmente ben spendibili anche all'estero se ben argomentate.
Quali sono, nella sua esperienza, le tappe e gli elementi che favoriscono la carriera internazionale di un artista italiano contemporaneo? Dove il sistema italiano è carente per sostenere l’arte contemporanea italiana sulla scena artistica internazionale?
Senza dubbio una tappa fondamentale è rappresentata dalle residenze estere, siano esse frutto di bandi specifici o semplicemente della scelta di vivere per determinati periodi altrove rispetto all'Italia. Sono modi fondamentali per fare conoscere il proprio lavoro, per conoscere altri sistemi, per generare delle relazioni che se mantenute nel tempo possono essere di estrema importanza per la propria riconoscibilità e spendibilità anche all'estero. Un altro elemento ovviamente è marcato dalla partecipazione a biennali o mostre di carattere internazionale o dalla trasversalità del lavoro assieme alla possibilità di essere rappresentati anche da gallerie estere. Il sostegno da parte di Italian Council è senza dubbio di grande utilità, seppur limitato nello spazio e nel tempo, forse più significativo sul piano politico che su quello poi fattuale, ma senza dubbio molto utile e se ben utilizzato.
Le carenze del sistema italiano, se di reale sistema vogliamo parlare, sono molteplici: la maggior parte delle istituzioni, probabilmente perché ancora abbagliate dall'idea di fare cassa attraverso la vendita di biglietti, propongo mostre crowd-pleasing e artisti ''sicuri'', limitando il grado di sperimentazione e valorizzando molto poco le ricerche e gli autori più ''contemporanei'' e rinunciando molto spesso ad un ruolo anche di formazione nei confronti del pubblico. La maggioranza dei festival invece, forti di statement tematici definiti e spesso schiavi delle premiere per ricevere fondi, sono totalmente carenti dal punto di vista curatoriale.
Buona parte delle gallerie investe molto poco in progetti che non siano immediatamente spendibili anche sul piano commerciale, perdendo grandi occasioni di dare visibilità al lavoro dei propri artisti anche al di fuori di una scala galleristica e meramente funzionale. Il collezionismo - anche a causa della mancanza di effettive leggi atte a sgravare fiscalmente chi investe in arte - è spesso e principalmente speculativo e pigro, incapace o disinteressato a sostenere e promuovere realmente i lavori degli artisti italiani anche semplicemente parlandone in ambito domestico. Ad eccezione di pochi, si tratta soprattutto di un vezzo temporaneo che difficilmente trova continuità come pratica. Le riviste di settore sono troppo spesso autoreferenziali e le poche distribuite anche all'estero promuovono artisti italiani in misura infinitesimale rispetto ai colleghi esteri. La critica - intesa come pratica di analisi ma anche come argomentazione negativa di quanto viene presentato - è pressoché scomparsa o mal accettata dallo stesso sistema che potrebbe aiutare ad evolvere. La pratica curatoriale è ormai per la maggioranza degli operatori italiani una pratica manageriale funzionale di volta in volta a dei microsistemi più che ricerca, traduzione o amplificazione del lavoro degli artisti. Accademie o strutture atte alla formazione per artisti o curatori sono sempre più impostate secondo dei criteri didattici anglosassoni, quindi, ultra verticali e professionalizzanti rispetto ad un sistema che al di fuori della teoria non è solido e, quindi, pronto ad accogliere nuove istanze e ad assorbire nuova forza lavoro. Inoltre, una eccessiva verticalizzazione e specificità dell'insegnamento rischia di non fornire gli strumenti necessari a leggere ed interpretare la complessità di un reale sempre più articolato, andando a formare spesso autori e operatori inconsapevoli e incapaci di fornire prospettive inedite rispetto allo status quo. In ultimo, quello italiano è un sistema che si basa tuttora su economie del tutto labili, in cui il lavoro è scarsamente riconosciuto economicamente, spesso e volentieri gratuito e ''in amicizia'' e quindi, a lungo andare, precluso a chi non possa permetterselo a monte.
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