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Eva Brioschi

interviste
Eva Brioschi
Fotografia di Martina Ferraretto

15 Gennaio 2025

Curatori

La scuola e la scarsa rilevanza data all’insegnamento della storia dell’arte

Storica dell'arte e autrice, curatrice della collezione La Gaia di Busca, curatrice della collezione della Fondazione Antonio Delle Nogare di Bolzano, membro del board di Carico Massimo di Livorno, Project Manager del Torino Foto Festival Exposed

Quali sono, nella sua esperienza, gli artisti italiani contemporanei (in vita) che hanno raggiunto maggiore visibilità all’estero e grazie a quali fattori (per es. gallerie, biennali, mostre, curatori, ecc.)?

Sicuramente gli artisti dell’Arte Povera negli anni 70, la Transavanguardia negli anni 80 e più di recente singole personalità che sono riuscite ad affermarsi "da sole", come Maurizio Cattelan, Monica Bonvicini, Alessandro Pessoli, Rudolf Stingel, Vanessa Beecroft, Francesco Vezzoli, Paola Pivi, Lara Favaretto, Roberto Cuoghi. I fattori del loro successo sono sicuramente legati a ottime strategie comunicative personali, sostegno di gallerie forti e ben posizionate nel panorama internazionale, sia italiane che estere, critici e curatori che hanno contribuito alla costruzione di una narrazione vincente e alla veicolazione del loro lavoro in ambito internazionale.

 

Quali sono, nella sua opinione, gli artisti italiani contemporanei che non hanno ancora raggiunto adeguata visibilità per il loro valore artistico e quali sono le cause di questa mancata valorizzazione?

Giorgio Andreotta Calò, Marzia Migliora, Francesco Gennari, Cesare Pietroiusti, Yuri Ancarani, per citarne alcuni. Qualcosa si muove su questo fronte, ma ancora molto lentamente. I problemi sono sempre legati a una scarsa interazione tra il panorama nazionale, dove pure questi artisti sono molto ben posizionati anche a livello di mercato, e il panorama globale, dove invece faticano a emergere. Manca sicuramente l’attenzione da parte della critica estera e l’inserimento in contesti espositivi internazionali. Alcuni passi avanti si stanno avendo anche grazie a strumenti come l’Italian Council, che promuove progetti di artisti e curatori italiani all’estero, ma occorre una maggiore sinergia tra le istituzioni italiane e quelle estere. 

 

Quali sono, nella sua esperienza, le tappe e gli elementi che favoriscono la carriera internazionale di un artista italiano contemporaneo? E dove il sistema italiano è carente per sostenere l'arte contemporanea italiana sulla scena artistica internazionale? 

Le falle del sistema italiano sono molteplici, interconnesse e a più livelli. Solo per citarne una: la scuola e la scarsa rilevanza data all’insegnamento della storia dell’arte, a partire dalla scuola dell’obbligo. Come può un paese che detiene il primato di bellezza mondiale (vedi Unesco) non prevedere uno studio profondo, assiduo, teorico e pratico del proprio patrimonio artistico e, più in generale, della storia dell’arte? L’arte non è petrolio, come qualcuno ha detto, poiché essa non deve produrre in prima istanza economia. Essa deve essere, come ha scritto Montanari, ossigeno. In un paese come l’Italia essa deve costituire il nutrimento fondativo di ogni coscienza sociale e civile, a prescindere dal percorso di studi intrapreso. E qui veniamo alla politica, al suo approccio sempre più utilitaristico alla formazione, alla politica come sede di clientelismi e centri di potere che presiedono a scelte importanti, come le nomine di manifestazioni quali la Biennale di Venezia. Come è possibile che il curatore del Padiglione Italia venga deciso da un ministro in base a sue “affinità elettive”? Non dovrebbero esserci commissioni di operatori del settore riconosciuti a vagliare queste scelte importanti e strategiche? Ecco perché la scarsa fiducia nelle istituzioni patrie spinge molti all’emigrazione verso paesi dove è riconosciuta maggiormente la professionalità dell’artista, del curatore, del ricercatore.

A tutto questo va unita una certa obsolescenza dell’offerta formativa. Accademie che spesso non hanno una sufficiente apertura verso la comunità, il territorio in cui operano e nemmeno una rete di scambi con istituzioni omologhe fuori dai confini. Questo ha prodotto un discorso spesso solipsistico e sterile, che non ha favorito il percorso formativo di tanti aspiranti artisti nostrani e nemmeno la "freschezza" di visione e di trasmissione dei saperi. 

Occorre, quindi, lavorare maggiormente alla creazione del “Sistema Italia”. Lavorare, su più livelli e in diverse fasi, alla creazione di un sistema che comprenda tutti gli operatori del panorama artistico italiano, le cui professionalità vanno riconosciute e tutelate, uscendo dal pregiudizio per cui chi opera nella cultura lo fa per hobby e in maniera dilettantesca. 

Ci sono stati ultimamente esempi virtuosi di lavoro e di presa di coscienza in questo senso, come il Forum dell’arte contemporanea, i cui atti pubblici sono un ottimo punto di partenza per un’analisi delle condizioni attuali del “sistema” e per una messa a punto di possibili azioni da intraprendere per il suo miglioramento. Penso anche alla costituzione – in tempo di pandemia – dell’ AWI Art Workers Italia, nato per affermare, appunto, il diritto al lavoro normato, tutelato e riconosciuto delle migliaia di persone che producono cultura in Italia, nonostante le difficoltà, le carenze, l’inadempienza della politica, le lacune giuridiche. 

Un altro esempio che mi sembra virtuoso è il consorzio Italics, nato ad opera dell’eccellenza delle gallerie di arte contemporanea, moderna e antica in Italia. Gallerie che sono normalmente competitors hanno deciso di consorziarsi per veicolare qualcosa che noi tutti italiani diamo per scontato: la grandezza del nostro territorio, in termini di bellezza, cultura, storia, genio, gusto e atmosfera, oserei dire. Una presa di coscienza della coolness italiana per contrastare quel clima di esterofilia che imperversa da decenni e, al contrario, ci rende assai provinciali.

 

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