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Angela Vettese
interviste
01 Marzo 2022
Curatori
La fragile rete delle gallerie italiane e il collezionismo esterofilo
Docente di Arte contemporanea, Università IUAV, Venezia
Quali sono, nella sua esperienza, gli artisti italiani contemporanei (in vita) che hanno raggiunto maggiore visibilità all’estero e grazie a quali fattori (per es. gallerie, biennali, mostre, curatori, ecc.)?
Maurizio Cattelan, Monica Bonvicini, Rosa Barba. Tutti e tre hanno scelto di vivere all'estero e questo è già un ottimo indicatore.
Quali sono, nella sua opinione, gli artisti italiani contemporanei che non hanno ancora raggiunto adeguata visibilità per il loro valore artistico e quali sono le cause di questa mancata valorizzazione?
Roberto Cuoghi, Stefano Arienti, Liliana Moro, Elisabetta Di Maggio, Maria Morganti tra coloro che hanno intorno ai sessant'anni; molti altri tra i più giovani, compresi artisti in ottima fase di lancio, quali Giorgio Andreotta Calò, Diego Marcon, Elena Mazzi, ma che, appunto, stanno scegliendo tra l'Italia e l'estero. La valorizzazione è difficile per la debolezza delle gallerie italiane nell'appoggiare pienamente un artista, inclusa la rete di relazioni con curatori e musei, nonché la capacità di fare alleanze stabili con gallerie straniere.
Quali sono, nella sua esperienza, le tappe e gli elementi che favoriscono la carriera internazionale di un artista italiano contemporaneo? E dove il sistema italiano è carente per sostenere l’arte contemporanea italiana sulla scena artistica internazionale?
La solidità dell'opera è fondamentale, cosa non facile per un artista italiano perché le occasioni espositive in musei e gallerie non sono abbastanza in termini numerici o abbastanza impegnative. Quindi l'artista difficilmente produce per sé o produce pensando in grande, sviluppando al meglio il suo linguaggio. In secondo luogo, è penalizzante la scarsa forza economica delle gallerie italiane, le quali, per forza di cose, insistono su artisti stranieri o più affermati e storicizzati per mantenersi a galla in un contesto in cui le gallerie straniere sono spesso dei giganti rispetto ai “Golia” nostrani. Infine, il collezionismo è particolarmente esterofilo e lo si può capire dal momento che le quotazioni degli artisti italiani salgono con molta difficoltà e chi concepisce il collezionismo in termini di investimento è premiato solo se si orienta su artisti che lavorano con almeno due gallerie, una italiana e una straniera, scelte tra quelle established. Perché un artista abbia quotazioni stabili o in salita deve poter contare sulla coazione, mediamente, di tre gallerie, di cui due straniere, una delle quali in territorio inglese o tedesco o americano. Non è una legge ma è una ricorrenza che è stata abbastanza studiata e che ha riscontri anche da una semplice osservazione di andamenti quinquennali. Possiamo aggiungere che raramente gli artisti italiani fanno gruppo, mentre è fondamentale per la riuscita di un artista poter contare su un novero di artisti e curatori della stessa generazione e che abbiano interessi comuni, magari anche combattendosi, ma creando una forza di pressione e di potenziamento reciproco. È dai tempi dell'Arte Povera che ciò non esiste, e, a lunga distanza, nemmeno la Transavanguardia è stata veramente un gruppo solido. Non si tratta di costituire dei movimenti con un manifesto e un critico leader, ma di saper lavorare in un clima di complicità e di comunicazione intense. Poi, sui fattori che aiutano la carriera di un artista si potrebbero dire cose che ho già detto in libri e articoli, ma questi sono i pilastri, a mio avviso. L'ultimo, quello necessario oltre ogni altro, è una notevole dose di ossessione personale che spinge a superare sacrifici come la perdita di tempo libero ed, eventualmente, la scelta di vivere lontano da casa, dalla propria città e, spesso, dal proprio Paese.
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