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Fabio Cavallucci
interviste
01 Marzo 2022
Curatori
La carriera internazionale di un artista si sviluppa attraverso confronti internazionali
Storico dell’arte e curatore
Quali sono, nella sua esperienza, gli artisti italiani contemporanei (in vita) che hanno raggiunto maggiore visibilità all’estero e grazie a quali fattori (per es. gallerie, biennali, mostre, curatori, ecc.)?
Il più noto è, ovviamente, Maurizio Cattelan. Il secondo, ce ne accorgiamo un po' meno perché non suona così italiano, è Rudolf Stingel. Entrambi sono andati a risiedere a New York nei tempi giusti, entrambi hanno trovato un'importante galleria newyorkese che li ha accolti, Marian Goodman, e un curatore che li ha sostenuti, Francesco Bonami. Entrambi hanno fatto un lavoro di qualità, Maurizio Cattelan anche più vario e innovativo. Stingel ha, però, trovato un grande collezionista come supporter, François Pinault, e, per certi versi, ha superato anche Cattelan sul piano del mercato. Poi ci sono i grandi vecchi dell'Arte Povera, primi fra tutti Michelangelo Pistoletto e Giuseppe Penone; anche Pier Paolo Calzolari è in forte ascesa. Questi si rafforzano nel tempo perché, comunque, sono ormai già stati selezionati nella storia dell'arte. Tra i più giovani, ma ormai mid-generation, Francesco Vezzoli, Paola Pivi, Roberto Cuoghi sembrerebbero pronti per volare ma in verità non sono mai veramente decollati.
Quali sono, nella sua opinione, gli artisti italiani contemporanei che non hanno ancora raggiunto adeguata visibilità per il loro valore artistico e quali sono le cause di questa mancata valorizzazione?
Difficile fare un elenco completo. Sicuramente tra questi ci metterei Paola Pivi, che, però, è una persona particolare: decide di vivere per lunghi periodi in luoghi isolati o, comunque, fuori dai giri del sistema dell'arte, come Alicudi, Alaska, India. Il più penalizzato è Stefano Arienti che ha fatto un lavoro enorme, vario e di qualità, ma che forse non ha trovato la galleria e gli appoggi giusti. Insieme a lui anche Cesare Pietroiusti, la cui scarsa riconoscibilità internazionale dipende molto, però, dal suo lavoro: difficile, concettuale, immateriale. Della stessa generazione bisogna citare almeno Eva Marisaldi, Massimo Bartolini, Adrian Paci, io direi anche Sislej Xhafa (gli ultimi due albanesi ma di formazione totalmente italiana) e poi il maestro di più generazioni di artisti: Alberto Garutti. La situazione non cambia se guardiamo ai più giovani: Giorgio Andreotta Calò, Rossella Biscotti, che pure ha un cursus honorum da fare invidia ai grandi maestri, Francesco Arena, e tanti ancora più giovani. Gli artisti italiani di maggiore successo finiscono per essere quelli che vivono da tempo all'estero e che hanno una carriera totalmente straniera, come Monica Bonvicini e Rosa Barba, percepite come artiste tedesche, o Tatiana Trouvé, francese. Molti artisti italiani, direi, si trovano nella situazione di non completare nemmeno la loro maturazione: a partire dalle accademie, il cui livello medio è molto basso, salendo su fino alle prime esperienze espositive, la mancanza di supporti e di un sistema forte non consente di crescere e confrontarsi sul piano internazionale. Pertanto il loro lavoro resta un po' sospeso, talvolta persino incerto, senza una chiara direzione.
Quali sono, nella sua esperienza, le tappe e gli elementi che favoriscono la carriera internazionale di un artista italiano contemporaneo? E dove il sistema italiano è carente per sostenere l'arte contemporanea italiana sulla scena artistica internazionale?
La carriera internazionale di un artista si sviluppa attraverso confronti internazionali. Le partecipazioni a grandi mostre, come biennali e altre mostre ricorrenti, o le presentazioni monografiche in musei stranieri attivano incontri e scambi, esperienze che favoriscono la crescita. Non è solo una questione di aprire nuovi contatti e di essere visibili sul piano internazionale, ma proprio di sviluppare il proprio linguaggio in un confronto con il resto del mondo. La costituzione dell'Italian Council (vorrei sottolineare: suggerito dal primo Forum dell'arte contemporanea italiana di Prato nel 2015) ha rappresentato un primo passo molto importante ma ancora insufficiente. Intanto la cifra complessiva che viene messa in campo annualmente, tra un milione e mezzo e due milioni di euro, è ancora largamente inferiore a quella di altri paesi (la Pro Helvetia, ad esempio, ha un budget annuale di oltre 30 milioni di franchi svizzeri), ma soprattutto il metodo con cui vengono assegnate le risorse è ancora molto burocratico e lascia, fondamentalmente, all'intraprendenza dell'artista la ricerca di un luogo all'estero dove portare il lavoro prodotto. Così, se si analizzano i dati della partecipazione degli artisti italiani alle grandi biennali internazionali, si scopre che non c'è nessun miglioramento rispetto al periodo pre Italian Council, anzi, negli ultimi tempi sembra andare anche peggio. La Biennale di Istanbul nel 2019 ha presentato due soli artisti italiani, Armin Linke, per metà tedesco, e Luigi Serafini, in verità figura non proprio inserita nel sistema dell'arte italiana contemporanea. Nel 2020 Manifesta a Marsiglia ha presentato zero artisti italiani così come la Biennale di Berlino, la Biennale di Shanghai, quella di Sydney e quella di Gwangju, aperta nel 2021. Ci sarebbe un sistema molto semplice che consentirebbe di rendere assai più efficace il sostegno dell'Italian Council, ovvero la creazione di un'organizzazione che inviti curatori internazionali in Italia. Quando un curatore è nominato per una biennale internazionale, si potrebbe invitarlo a compiere un viaggio di studio di qualche giorno in alcune delle principali città italiane, mostrandogli portfoli e facendogli incontrare curatori e artisti. In modo del tutto naturale troverebbe artisti che lo interessano, e, a quel punto, l'Italian Council potrebbe sostenere la loro partecipazione in mostre che sono già in partenza importanti biennali o mostre internazionali. Naturalmente questa è solo una strategia di superficie: per consolidare i risultati occorrerebbe una più ampia riforma del sistema dell'arte contemporanea italiana, dalle accademie ai musei. Ma ciò richiede uno spazio assai più ampio di una breve intervista.
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