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Simone Menegoi
interviste
01 Marzo 2022
Curatori
Come cambia la modalità di affermazione di un artista
Direttore artistico di Arte Fiera, Bologna
Quali sono, nella sua esperienza, gli artisti italiani contemporanei (in vita) che hanno raggiunto maggiore visibilità all’estero e grazie a quali fattori (per es. gallerie, biennali, mostre, curatori, ecc.)?
Dipende da cosa si intende per “visibilità”. Se con questa parola intendiamo la notorietà, nella cultura popolare e nei media generalisti, allora fra gli artisti italiani viventi solo Maurizio Cattelan è davvero “visibile”. Se con questa parola si intende un’ampia affermazione nel mondo dell’arte, che tocchi anche gli appassionati e i visitatori di mostre, allora sia gli artisti dell’Arte Povera ancora viventi che quelli della Transavanguardia rientrano certamente nella definizione, così come Maurizio Cattelan, Vanessa Beecroft, Francesco Vezzoli. Se, infine, si prende in considerazione la notorietà degli artisti italiani presso curatori, galleristi e altri professionisti del sistema dell’arte internazionale, la lista diventa, per fortuna, molto più lunga e va dagli “irregolari” degli anni ‘60 e ‘70 che hanno goduto recentemente di nuova attenzione (come Giorgio Griffa o Irma Blank) fino ad artisti delle ultime generazioni come Roberto Cuoghi, Pietro Roccasalva, Lara Favaretto - oltre a includere tutti quelli nominati in precedenza.
Ho l’impressione che le modalità di affermazione di un artista siano sensibilmente cambiate nel tempo, seguendo l’andamento del sistema dell’arte. Se per gli artisti dell’Arte Povera e della Transavanguardia era ancora determinante la figura del critico/curatore/impresario, quali sono stati Germano Celant e Achille Bonito Oliva - senza nulla togliere all’opera delle gallerie che hanno sostenuto e promosso quegli artisti, naturalmente, o all’importanza dei loro riconoscimenti istituzionali - per gli artisti delle ultime generazioni è molto più importante il legame con una galleria potente, dalla forte presenza internazionale; tanto più che i poveristi e i transavanguardisti si presentavano come gruppo, con il vantaggio di visibilità che ciò comporta, mentre i più giovani, portatori di poetiche individuali, vanno in ordine sparso. Restano importanti, attraverso le generazioni, le mostre istituzionali (purché in istituzioni dal reale peso internazionale, che sono relativamente poche, e per lo più straniere) e la partecipazione a grandi manifestazioni periodiche (biennali, ecc). Trascorrere dei periodi di lavoro all’estero, o addirittura risiedervi stabilmente, aiuta certamente un artista a sviluppare un prezioso circuito di contatti internazionali o, addirittura, rende possibile la sua “adozione” da un sistema dell’arte più forte di quello italiano, penso al caso di Monica Bonvicini. Ultimi, ma non meno importanti, i collezionisti: godere dell’appoggio di determinati grandi collezionisti, entrare nelle loro collezioni, è non solo una dimostrazione, ma un fattore attivo di successo nella carriera di un artista. Il gusto e le scelte dei grandi
collezionisti orientano quelli di altri collezionisti, delle gallerie, delle istituzioni e si dà sempre più spesso il caso che queste istituzioni siano fondazioni private create dai collezionisti stessi (vedi Prada o Pinault). Non includo in questo elenco le quotazioni d’asta. Soggette a forti dinamiche speculative, sono così instabili e fluttuanti da rischiare di determinare, più che la fortuna, la rovina degli
artisti.
Quali sono, nella sua opinione, gli artisti italiani contemporanei che non hanno ancora raggiunto adeguata visibilità per il loro valore artistico e quali sono le cause di questa mancata valorizzazione?
Sono troppi per farne una lista. A partire almeno dal dopoguerra, gli artisti italiani hanno avuto sistematicamente molte meno chance di successo internazionale dei loro colleghi appartenenti a economie e sistemi culturali forti come quelli di Stati Uniti, Inghilterra e Germania e, anche quando il riconoscimento è arrivato, la disparità di valore sul mercato resta spesso schiacciante, già Lucio Fontana si lamentava della differenza di prezzo fra le sue opere e quelle di Jackson Pollock.
Le ragioni sono molte, molte volte ricordate: senza andare troppo addietro, o entrare troppo nel dettaglio, fra i problemi che restano sul tavolo ci sono la debolezza delle istituzioni per l’arte contemporanea italiane rispetto a quelle di altri paesi (basti comparare, non dirò l’influenza e il prestigio, ma semplicemente il numero di istituzioni per il contemporaneo di Francia e Germania rispetto all’Italia), i vincoli e gli oneri fiscali che rendono meno competitive le gallerie italiane rispetto alle concorrenti straniere, la mancanza di una strategia compatta ed efficace di promozione istituzionale del contemporaneo all’estero, riflesso di una scarsa considerazione generale del nostro Paese per l’arte del presente. Ne è una spia significativa il modo in cui i media generalisti italiani trattano l’arte contemporanea: a intermittenza, con sciatteria e spesso a livello di pettegolezzo.
Quali sono, nella sua esperienza, le tappe e gli elementi che favoriscono la carriera internazionale di un artista italiano contemporaneo? E dove il sistema italiano è carente per sostenere l’arte contemporanea italiana sulla scena artistica internazionale?
La risposta consegue in buona parte dalle due precedenti. Un artista italiano può confidare in una carriera internazionale se è rappresentato da gallerie influenti; se espone in rispettate istituzioni pubbliche o private, in Italia o all’estero; se viene invitato in biennali o altre grandi manifestazioni periodiche; se è sostenuto e acquistato da collezionisti prestigiosi.
Il sistema italiano è carente sia dal punto di vista delle istituzioni (troppo poche e scarse di fondi), sia dal punto di vista della promozione concertata della nostra arte all’estero (di recente la Quadriennale ha fatto uno sforzo encomiabile in questo senso, ma combatte anch’essa con dei budget risicati), sia per la disparità di condizioni fiscali delle gallerie rispetto alle concorrenti straniere. Mi rendo conto di non aver nominato finora il sostegno di critici o di curatori come fattore cruciale di successo. Purtroppo, nella mia percezione, questo sostegno è spesso marginale rispetto ai fattori sopracitati, diciamo che è un avallo opportuno e ricercato, ma non indispensabile, di scelte fatte a monte da altri attori del sistema dell’arte.
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